…RECANDO OVUNQUE LA PACE
Voglio aprire questa mia riflessione con le parole di Don Tonino Bello: “Quello della pace sembra un campo minato da mille prudenze, recintato dal filo spinato di infinite circospezioni, protetto da avidi silenzi. Non ci decidiamo ancora, come popolo profetico, a uscire allo scoperto. Ci nascondiamo dietro i fortilizi delle logiche umane. Viviamo ambigue neutralità, che tutto possono essere meno che ‘disarmate‘.”
La pace è un’aspirazione profondamente radicata nel cuore dell’uomo; essa è un bene supremo e prezioso che crea le condizioni di vita per l’umanità. Tutti sono chiamati a sentirsi responsabili della sua costruzione: cristiani, credenti e non, uomini politici, intellettuali, ogni uomo di buona volontà, che all’interno del proprio spazio di vita quotidiana, può esercitare un insostituibile ruolo in suo favore.
Essa va esercitata non a parole o con ideologie, ma con gesti concreti di perdono di dialogo, accoglienza, solidarietà. Il modello ispiratore è Cristo che ha offerto con la Croce, il massimo sacrificio di riconciliazione, e con la Resurrezione, ha dato fondamento alla speranza di una pace duratura e forte.
All’esaltazione della pace come sostanza del messaggio evangelico dono di Dio e impegno dell’uomo, S. Francesco pone in primo luogo il percorso interiore di riconciliazione di ciascun individuo; la ricerca costante di quell’equilibrio in sé stessi di chi ha incontrato Dio, l’unico capace di ristabilire la pace.
Tutti ci sentiamo desiderosi di pace, per vivere in pienezza abbiamo bisogno, di sentirci in sintonia con il mondo. Per farlo non possiamo vivere nel rancore, verso gli altri o anche verso noi stessi; è necessario imparare a perdonare: se qualcuno ci ha fatto un torto tempo addietro, non serbare rancore.
Se, invece, abbiamo commesso un errore e non riusciamo ad andare oltre, il modo migliore per superarlo e trovare la pace è vivere il presente. Fermiamoci e apprezziamo ciò che di bello e buono ci circonda, siamo grati per ciò che abbiamo: amici, parenti, affetto, passioni etc. Impariamo a dire grazie e a sorridere. Tutto questo ci libererà da vecchi e nuovi rancori, e riconciliati, possiamo riprovare a vivere in pace con gli altri e sempre più con noi stessi.
La pace non si fa da un giorno all’altro; la pace è un dono, ma un dono che deve essere preso e lavorato ogni giorno. Per questo, possiamo dire con le parole di Papa Francesco “che la pace è un dono che diviene artigianale nelle mani degli uomini. Siamo noi uomini, ogni giorno, a fare un passo per la pace: è il nostro lavoro. È il nostro lavoro con il dono ricevuto: fare la pace.”
“Quali operatori di pace, e memori che essa va costruita continuamente, ricerchino le vie dell’unità e delle fraterne intese, attraverso il dialogo, fiduciosi nella presenza del germe divino che è nell’uomo e nella potenza trasformatrice dell’amore e del perdono” (Reg 19).
Il Francescano secolare, ispirandosi alla spiritualità di Francesco quale imitatore del Vangelo, si fa aiutare da lui a perseguire con costanza e carità la via della pace. Il primo ostacolo alla pace è l’egoismo, rafforzato dal desiderio del dominio e del possesso. Liberarsi di ciò è il primo percorso individuale per poter realizzare la pace.
Non possiamo parlare di pace se non ci adoperiamo per la giustizia, specialmente per la giustizia sociale. Dobbiamo batterci coraggiosamente perché questa si realizzi in tutti i campi. L’articolo 19 della Regola, traccia in profondità e nell’essenzialità l’identità del francescano secolare; egli diventa operatore di pace nella misura in cui sa confrontarsi continuamente con la sua conversione e conformità al vangelo. La Fraternità diventa via privilegiata per sviluppare e coltivare sentimenti di unità, di concordia, di accoglienza reciproca, di perdono, tutti elementi che insieme aiutano a costruire una mentalità di pace. Questa però deve poter vedere la sua realizzazione in gesti concreti intesi come segni di un’appartenenza ad un carisma che lo contraddistingue.
Il dialogo, le intese fraterne, la riconciliazione, la fiducia nei fratelli, sono virtù da riscoprire e attualizzare nella propria famiglia, nella fraternità, nella società.
Occasione particolare si ha nella chiesa locale dove il francescano secolare per sua vocazione, deve mettere in atto ogni strategia per divenire protagonista nei progressi di crescita nell’unità: “siano pronti a cercare le vie dell’unità e delle fraterne intese… con tutti i gruppi ecclesiali”.
Se la fraternità ci aiuta a maturare il senso della comunione fraterna, la famiglia è il primo “cantiere” di vita dove esercitare e vivere in modo concreto la pace, con tutte quelle componenti che portano l’individuo alla ricerca di un equilibro per vivere in pace.
“Nella loro famiglia vivano lo spirito francescano di pace, fedeltà e rispetto della vita, sforzandosi di farne il segno di un mondo già rinnovato in Cristo” (Reg 17).
È interessante notare, come qui la pace è coniugata con il rispetto della vita. Queste componenti essenziali si possono costruire con l’accoglienza reciproca, il perdono, la comprensione e la condivisione.
La famiglia, dunque, resta a fondamento di quel processo umano e cristiano di maturazione che aiuta a prendere consapevolezza del proprio essere nel mondo con gli altri, con i quali continuamente e instancabilmente confrontarsi per stabilire rapporti di concordia e giustizia.
La pace da costruire nei quartieri periferici della città.
Molte volte pensiamo a costruire la pace lontano da noi, con lo sguardo e l’attenzione rivolta a paesi lontani, ci mostriamo impegnati con marce, slogan e altro, dimenticando di affrontare in primo luogo le nostre piccole guerre quotidiane. Quante famiglie si disgregano per la spartizione di una eredità piccola o grande che sia; per pochi metri di terra si diventa nemici a vita.
E’ urgente proporre una nuova lettura della pace, che parte dalle periferie delle città, dove si vivono forme di disgregazione, malcontenti, stati di abbandoni che non favoriscono una pacifica convivenza civile ma una continua lotta alla sopraffazione. Si rileva la necessità di imparare a vivere nella realtà urbana in rapida evoluzione, con nuove e emergenti forme di razzismo, discriminazioni…da qui la necessità di aprire spazi di socializzazione per superare le disparità di una ripresa selettiva a rischio di emarginazione ed esclusione.
Come possiamo parlare di pace in quelle periferie dove continua a dominare, nonostante le numerose inchieste, l’arroganza del potere che gestisce nei territori affari loschi con traffico dei rifiuti, piuttosto che nell’abusivismo edilizio, generando degrado umano, ambientale, sociale?
Si deve restituire dignità agli abitanti dei quartieri con strutture abitative ormai fatiscenti, per creare un nuovo profilo della città affidato non soltanto ai grandi progetti immobiliari, ma anche alla valorizzazione della creatività diffusa nelle “periferie esistenziali” e degli abitanti portatori di progetti condivisi.
Un ruolo centrale può e deve averlo la scuola; con il suo processo educativo, è ancora il luogo privilegiato dell’incontro con i giovani e le famiglie con le loro diverse condizione di vita, ci mostrano il vero volto del tessuto sociale della città. E’ qui che spesso emergono le povertà, le forme di ingiustizia sociale che sono le condizioni che allontanano la pace.
Che fare dunque?
- Per ottenere lo spirito di pace, bisogna ancora una volta fare spazio all’amore che si apre e accoglie l’altro, con la capacità di superare ogni ostacolo.
- Occorre porsi in un atteggiamento di ascolto, per trovare nell’altro sempre solo ciò che unisce.
- E’ necessario uscire allo scoperto, abitare le periferie facendo leva sul senso di appartenenza alla propria terra e imparare ad amarla, ritrovare il senso di “Comunità abitativa” e quindi a denunciare con coraggio e determinazione i soprusi e l’arroganza.
- Bisogna creare occasioni di incontro, mettere insieme le persone con percorsi concreti di educazione alla pace e alla non violenza, alla legalità, rendendoli protagonisti di bene.
Ciascuno di noi può essere operatore di pace; tante infatti sono le occasioni che si presentano nella vita quotidiana, piccoli gesti, parole, atteggiamenti che a volte possono risolvere situazioni di conflittualità.
Bisogna trovare il coraggio di andare controcorrente; alla cultura dell’odio, dell’arroganza, occorre saper rispondere con la testimonianza dell’amore.
S. Francesco, da buon imitatore di Cristo, ci indica ancora una volta la giusta via:
“Andate, carissimi, a due a due per le varie parti del mondo e annunziate agli uomini la Pace e la penitenza; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il Suo disegno e manterrà le Sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perseguita, ringraziate chi vi ingiuria e vi calunnia, perché in cambio vi viene preparato il regno eterno” (FF 366).
A cura di Alfonso Petrone