Abitare le distanze nelle periferie con “la cura e il coraggio creativo” di san Giuseppe

Questo nostro, speriamo ultimo, incontro dell’anno fraterno in pandemia 2021, s’inserisce nei due eventi ecclesiali che s’intersecano in continuità: l’anno dedicato a S. Giuseppe e l’anno speciale dedicato alla famiglia, amoris laetitia.
Due occasioni di grazia, perché oggi è necessario uno sguardo nuovo sulla famiglia da parte della Chiesa: non basta ribadire il valore e l’importanza della dottrina, se non diventiamo coraggiosi custodi della bellezza della famiglia e se non ci prendiamo cura con compassione delle sue fragilità e delle sue ferite.
Il 19 marzo 2021 la Chiesa ha celebrato 5 anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. In questo stesso giorno papa Francesco ha inaugurato l’Anno della “Famiglia Amoris Laetitia”, che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro mondiale delle famiglie a Roma con il Santo Padre.
La figura di San Giuseppe si associa in maniera naturale alla famiglia ma ci ricorda anche una vita e una famiglia vissuta nelle Periferie geografiche ed esistenziali in cui vivono oggi tante famiglie.
S. Giuseppe “Uomo giusto, un Padre amato, accogliente e nell’ombra, un Padre dal coraggio creativo. Un Padre che accoglie, si prende cura, custodisce e sogna. Un uomo che ha saputo credere in Dio, diventando un sognatore perché capace di guardare oltre… si legge nella Patris corde (8 dicembre 2020), la Lettera apostolica con la quale Papa Francesco ha indetto l’anno di San Giuseppe, a 150 anni dalla sua proclamazione a Patrono della Chiesa Cattolica, da parte del Beato Papa Pio IX, l’8 dicembre 1870.
S. Giuseppe è rimasto nell’anonimato, come tanti che in questi tempi difficili danno la vita per gli altri.
La vocazione di San Giuseppe, il suo silenzio e la sua perseveranza, il suo essere sempre aperto ai segni di Dio e disponibile al suo progetto, e non tanto al suo, sono una testimonianza viva che ci incoraggia ad essere, come lui, a prenderci cura e custodire la vita che ci è stata affidata: quella delle nostre famiglie, quella dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, quella del Creato.
Tale testimonianza, inoltre, ci insegna a essere Chiesa-Fraternità in uscita, itinerante, per meglio adempiere i disegni di Dio, desiderio di essere fedele a questa chiamata, come Chiesa in uscita, serva dei poveri, impegnata nelle periferie geografiche ed esistenziali dei nostri fratelli e sorelle delle nostre realtà.
San Giuseppe, uomo giusto, è rimasto nell’anonimato, nella semplicità, come tanti nostri fratelli e sorelle che in questi tempi difficili di pandemia danno la vita per gli altri.
La Regola OFS (13) ricorda proprio questo atteggiamento di cura e accoglienza: Come il Padre vede in ogni uomo i lineamenti del suo Figlio, Primogenito di una moltitudine di fratelli [Rm 8, 29], i francescani secolari accolgano tutti gli uomini con animo umile e cortese, come dono del Signore [2Cel 85; Lettera a tutti i fedeli 26; Regola non bollata 7, 15] e immagine di Cristo. Il senso di fraternità li renderà lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni di vita degne di creature redente da Cristo [Regola non bollata 9, 3; Mt 25, 40].
Ecco la sequenza delle “qualità” di San Giuseppe, da Patris Corde che possono illuminare il nostro atteggiamento.
Padre amato dal popolo cristiano, in quanto «si pose al servizio dell’intero disegno salvifico», e ha «usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro».
Padre nella tenerezza e nella cura della fragilità: «Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza».
Padre nell’obbedienza, che come Maria non ha esitato a dire sempre il suo fiat.
Padre nell’accoglienza «Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive», con una fiducia che non è mai rassegnazione: «La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie».
Padre dal coraggio creativo perché «davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere».
Padre lavoratore «San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro».
Padre nell’ombra che oggi purtroppo significa “assente” ma che – alla scuola di San Giuseppe – può diventare la qualità di «introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze».
Amoris laetitia e Patris corde, guardando alla Santa Famiglia di Nazaret come stella polare, ripercorrendo la sua quotidianità, fatta di gioie e di sofferenze, come riportato nei Vangeli. Due documenti che vogliono illuminare le nostre famiglie che, ancora attanagliate dalle terribili conseguenze della pandemia, dalle difficoltà e da tante fragilità nello stesso tempo, si lasciano ispirare da modelli di alleanza e di fedeltà, capaci di dare forma ad un vissuto più cristiano e di sostenerle nelle sfide che si trovano oggi ad affrontare.

A cura di
fr Gianbattista Buonamano
Assistente regionale Ofs

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