Concretizzi … Amo, è necessario farsi Dono

Questa mia breve riflessione, partendo dal Messaggio di Quaresima, toccando alcuni documenti pontifici e ricordandoci la testimonianza di S. Francesco, vuole essere un aiuto alla riflessione e alla testimonianza nel quotidiano, come singoli e fraternità in uscita-missione.
La carità si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno…
La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità…
Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia…
«Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la
dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società» (FT187) (Mess Quar 2021).”
Papa Francesco, fa spesso riferimento alla parola “autoreferenzialità”, espressione che entrerà nella storia per essere una delle parole caratteristiche del suo pontificato.
Secondo Lumen Fidei 46 la persona autoreferenziale è quella che, chiusa in se stessa, fatica ad entrare in dialogo con Dio e a lasciarsi abbracciare dalla sua Misericordia con la conseguenza di non portare agli altri la misericordia. L’autoreferenzialità colloca i classici difetti dell’egoismo e del narcisismo in una dinamica relazionale, cioè nelle difficoltà ad essere aperti al dialogo con Dio e con gli altri. Il Papa esorta ad uscire da se stessi per andare verso le periferie esistenziali e crescere nella testimonianza. Una Chiesa, un credente, una fraternità che non esce fuori da se stessa, presto o tardi, si ammala nell’atmosfera viziata delle stanze in cui è rinchiusa.
San Francesco, fu un uomo “di frontiera” per cui esercita tuttora un grande fascino anche presso i lontani, ma fu soprattutto uomo di fede in Dio, discepolo ardente di Cristo, figlio devoto della Chiesa, fratello affettuoso di tutti gli uomini, anzi di tutte le creature.
Nei suoi confronti, ogni rigido schema di collocazione diventa incongruo. Fedele senza riserve, proprio a ragione di tale fedeltà, si sentì libero di osservare alla lettera il Vangelo, di seguire una sua strada, indicatagli solo dallo Spirito di Cristo, e potè essere così “quell’uomo nuovo, donato dal cielo al mondo” (FF 1212, 8), al cui apparire “i popoli furono ripieni di stupore davanti ai segni della rinnovata età apostolica” (FF 822).
Francesco fu dunque uomo di Chiesa, che visse in pieno questa triplice dimensione: coscienza del passato, apertura alle esigenze del presente, proiezione dinamica verso le prospettive del futuro; e tutto ciò nel contesto di una vivissima sensibilità cattolica.
Solo un autentico incontro all’interno di noi stessi con l’amore di Dio, che si traduce in una felice amicizia con lui, è capace di portarci in quel luogo del nostro cuore dove siamo veramente umani e di “riscattarci dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice attraverso la vera testimonianza. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?” (EG 8).

P. Gbattista Buonamano
Ofmconv
Assistente Regionale Ofs

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