Betlemme, periferia del mondo

Betlemme nel tempo in cui è nato il Salvatore era la periferia dell’Impero Romano.
Gesù che viene nel mondo sceglie le periferie, dove Papa Francesco ci invita ad andare e portare il Vangelo. Andare nelle periferie significa non voler stare tranquille e immobili nelle proprie certezze, ma essere sempre in movimento.
Betlemme, piccolo borgo della Giudea dove mille anni prima era nato Davide, il pastorello eletto da Dio come re d’Israele. Betlemme non è una capitale, e per questo è preferita dalla provvidenza divina, che ama agire attraverso i piccoli e gli umili. In quel luogo nasce il “figlio di Davide” tanto atteso, nel quale “la speranza di Dio e la speranza dell’uomo si incontrano”.
In questa periferia troviamo i pastori che rappresentano gli umili e i poveri che aspettavano il Messia. In quel Bambino vedono la realizzazione delle promesse e sperano che la salvezza di Dio giunga finalmente per ognuno di loro. Chi confida nelle proprie sicurezze, soprattutto materiali, non attende la salvezza da Dio. I piccoli invece confidano in Dio, sperano in Lui e gioiscono quando riconoscono in quel Bambino il segno indicato dagli angeli.
Noi oggi siamo abituati ad arricchire i nostri Presepi con lucine di ogni forma e dimensione: ferme o intermittenti, gialle o colorate, a led o in fibra ottica. Ce n’è davvero per tutti i gusti…Ci pensate se fosse stato così allora? Gesù sarebbe nato a Picadilly Circus o nel centro di Manhattan e non certo a Betlemme, “il più piccolo capoluogo di Giuda”. Dio invece ha scelto di nascere in periferia, tra i pastori ed è nelle periferie – geografiche ed esistenziali – che ci chiede di tornare ad incontrarlo.
Le periferie sono geografiche, Sociali ed Esistenziali.
In questo Natale dove vedremo nascere Cristo? …Innanzitutto nei nostri cuori con la preghiera, nei nostri pensieri, continuando a tenere gli occhi aperti sul mondo che ci circonda, dal pianerottolo agli estremi confini della terra, e poi scegliendo piccoli gesti concreti, ciascuno secondo coscienza e possibilità, per donare un sostegno a chi abita e si prende cura di queste periferie o ancora meglio muovendoci noi in prima persona.
La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali“. Ed aggiunge: “Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e si ammala“. La Chiesa deve quindi guardare alle “periferie esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell’ignoranza… del pensiero, di ogni miseria“. Quei mali che, nel corso del tempo, avvengono nelle istituzioni ecclesiastiche hanno una radice autoreferenziale, una sorte di narcisismo teologico… Quando è autoreferenziale, la Chiesa crede senza accorgersi di avere luce propria; smette di essere il mysterium lunae e lascia lo spazio a quel male così grave che è la mondanità spirituale. Quel vivere per darsi gloria uno con l’altro” (Papa Francesco, 26 marzo 2013).

Il Capitolo 2° della EG 52, ci presenta “Alcune sfide del mondo attuale” così scrive: “Non possiamo (tuttavia) dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’inequità diventa sempre più evidente. Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. Questo cambiamento epocale è stato causato dai balzi enormi che, per qualità, quantità, velocità e accumulazione, si verificano nel progresso scientifico, nelle innovazioni tecnologiche e nelle loro rapide applicazioni in diversi ambiti della natura e della vita. Siamo nell’era della conoscenza e dell’informazione, fonte di nuove forme di un potere molto spesso anonimo”.

Al n° 53 EG, tratta dell’Economia dell’esclusione e dell’inequità, in cui viene fotografata un genere di società, quella attuale, che considera molta gente neanche degna di essere sfruttata, ma semplicemente e drammaticamente da escludere; da cui, appunto, la cultura dello scarto. Ecco, io direi che all’interno di ciò che il Santo Padre definisce cultura dello scarto si generano le nuove povertà. Riguardano, perciò, tutte quelle persone, che precedentemente non erano povere, lo sono diventate, in seguito a qualcosa. Per noi che abbiamo familiarità con il Vangelo, potrei definire questo fenomeno accostandolo alla figura dei briganti della parabola del Buon Samaritano.

Grandi cose nella piccola Betlemme
Il Signore fa grandi cose nelle piccole situazione di tutti i giorni: fa germogliare delle bellezze anche in mezzo alle fatiche, in mezzo alle difficoltà e alle sofferenze. La durezza della roccia può lasciare spazio a fiori meravigliosi … anche la durezza del nostro cuore orgoglioso, testardo, può vedere germogliare dei gesti di umiltà, di servizio, di bontà autentica. Il Signore fa grandi cose nella nostra vita, eppure si muove con estrema delicatezza, agisce nelle piccole realtà, non è appariscente, non cerca l’esibizionismo, non vuole il grande pubblico e l’applauso di una platea immensa. Il Signore lavora nelle piccole e nascoste realtà di tutti i nostri giorni.
La storia del Natale ce lo insegna: Betlemme, un nome che è diventato famoso, è una cittadina che oggi è molto importante perché vi è accaduto qualche cosa di grande.
Era una periferia del mondo dove non c’erano persone importanti, nessun centro di potere, nessun luogo di grande cultura, nessuna realtà di divertimento o di attrazione turistica… Betlemme è un paesino umanamente insignificante: era il paese dove era nato il re Davide, mille anni prima di Gesù. Davide apparteneva a una famiglia di pastori, di gente semplice, ed era il più piccolo della sua famiglia – l’ultimo di otto figli – e il Signore ha scelto il più piccolo, l’ultimo della serie, per farlo diventare il re.
Noi dunque camminiamo verso Betlemme imparando a valorizzare le cose piccole, a dare peso alle situazioni umili, a non lasciarci ingannare dai grandi spettacoli, dagli eventi di moda che attirano folle. Non sono i seguaci, i followers sui social che fanno la qualità: stiamo attenti agli inganni
Il Signore invece valorizza le persone, anche le più piccole, le più semplici, le più umili e ci dice che la grandezza sta nelle piccole cose: il servizio nascosto di qualcuno che vive per amore e dà la propria vita per gli altri è la cosa più grande che ci sia, anche se la televisione non ne parla, anche se non ha un sito internet per farsi conoscere.

Andiamo verso Betlemme, camminiamo sulla strada del Signore, siamo pellegrini verso la patria, verso una grandezza immensa che passa attraverso le piccole cose.
Il Signore fa grandi cose … Fa germogliare i fiori dalle rocce!

Buon Natale di pace, bene e salute
p. Gianbattista Buonamano

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