Visita all’istituto minorile di Nisida

Stavo leggendo stamane un articolo pubblicato su Aleteia dal titolo “Perché mi risulta difficile non giudicare“, quando una frase mi ha colpito nel profondo, la frase recitava cosi: “Ho bisogno di avere un cuore misericordioso e docile. Un cuore aperto a Dio e agli uomini. Un cuore comprensivo“. Questa bellissima frase mi ha riportato alla mente l’esperienza vissuta con altri fratelli e sorelle, quando abbiamo fatto visita ai nostri fratellini più piccoli, ospiti presso il carcere minorile di Nisida, che, purtroppo, sono incappati in qualche errore della vita. Ad attenderci al nostro arrivo ci stava Don Fabio De Luca uno dei tanti ministri di Cristo che io amo definire Sacerdoti di prima linea, sono coloro che vivono costantemente sul terreno di battaglia.
All’orario stabilito, siamo stati sottoposti al dovuto riconoscimento con il confronto dei nominativi prenotati e siamo entrati all’interno della struttura, percorrendo il viale per accedere alla cappella per la celebrazione.
Il mio sguardo è stato catturato da un bellissimo murales che si trova a sinistra del percorso, sono disegnati una grande gabbia simile a quella dove vengono rinchiusi gli uccellini, la gabbia è con la porticina aperta ed è tenuta da un ragazzino accovacciato, la gabbia in alto ha un simbolo simile a quelli che vediamo sulle macchine di un certo valore, come la Jaguar che porta il simbolo del giaguaro sulla punta del cofano, solo che qui e raffigurato un ragazzo con le ali d’angelo, fuori tutto attorno ci sono degli altri ragazzi che giocano.
Ho letto in quel murales tutta la tristezza e sofferenza che questi ragazzi vivono costretti ad una privazione così grande proprio nell’età dei giochi spensierati. Si, capisco, hanno sbagliato, ma “nessuno tocchi Caino“.
Preso da questo scossone nell’animo mi accingo insieme agli altri ad entrare nella cappella della struttura quando un fratello del gruppo mi fa notare la scritta che si trova all’ingresso che recita: “Qui si entra per amare Dio, da qui si esce per amare il prossimo” e con questo pensiero nel cuore, mi accingevo ad entrare e sedermi tra i banchi, pensando alla figura di questo sacerdote che sintetizza in poche parole tutto il senso della vita cristiana e la mente mia va al Vangelo di Giovanni “Vi do un comandamento nuovo : che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri“. (Giovanni, 13,34-35).
Seduti nei banchi della cappella cominciamo a provare i canti.
Ai lati dell’altare ci sono due finestre che, delimitate dalla solita gabbia di recinzione, ti offrono una bellissima veduta sul porto, qualcosa che ti lascia senza parole ma che ti penetra il cuore e ti fa riflettere sulla bellezza del creato.
A fianco alla cappella c’è un laboratorio di ceramica, subito attaccato un laboratorio di pasticceria dal quale ora esce un fragrante odore di dolci, dentro ci stanno lavorando alcuni ospiti della struttura, sono i “monelli ai fornelli“, così è chiamata la onlus di questi ragazzi. I nostri giovani per niente turbati incominciano a dialogare con i ragazzi ospiti della struttura, sotto lo sguardo attendo ma discreto ed invisibile dei custodi: Cosa fai?, Come mai sei qua? Dopo vieni a Messa? come ti chiami? Hai i genitori, ti vengono a trovare e cosa ti dicono riferendosi al fatto che sei ospite qua?
Tutte queste domande mi facevano riflettere sul fatto che i nostri ragazzi non avevano chiesto prima il nome del ragazzo ospite, ma solo dopo aver fatto altre domande per loro più importanti del nome, e pensavo: che bel gesto, a loro non interessa il nome del ragazzo, ma solo accoglierlo.
Mentre riflettevo su questo, ecco che da lontano vediamo arrivare Don Fabio insieme ai ragazzi della Gi.Fra. di Mercato San Severino, inutile dire che i ragazzi ospiti (un bel gruppetto che si era formato insieme ai nostri giovani e qualche altri un poco più avanti negli anni), appena hanno visto Don Fabio, lo hanno chiamato e: chi lo abbracciava, chi gli chiedeva una nuova coroncina del Rosario perché la sua era consumata, chi lo salutava dicendo ci vediamo dopo a Messa, insomma Don Fabio aveva ricevuto una bellissima accoglienza, proprio un’accoglienza da buon padre di famiglia, come quando i bambini vedono rientrare il papà dal lavoro e gli corrono incontro per abbracciarlo.
Intanto era arrivato il momento della celebrazione della Santa Messa, incominciano cosi ad arrivare i primi ragazzi ospiti, che non sono gli stessi di quelli che avevano dialogato con i nostri giovani.
Noi più adulti non siamo immediati e semplici nell’accogliere, come fanno i giovani. Con affetto scrutavo gli atteggiamenti di quei ragazzi, cercando di immedesimarmi con le loro frustrazioni; alcuni erano seduti in disparte, altri se ne stavano in piedi in un angolino della cappella, un’altro invece chiedeva ai nostri ragazzi se poteva sedersi vicino a loro, un altro ancora seduto al banco affianco al mio agitava irrefrenabilmente la gamba, io, invece, sono stato colpito dal gesto di un ragazzo dall’aria triste e introversa. Si è avvicinato alla finestra al fianco dell’altare e, dopo averla aperta, nostalgicamente si è messo ad osservare la bellezza del panorama. In quello stesso istante, nella mia mente si ripresentava l’immagine del muro di ingresso quello della gabbia aperta, quel ragazzo, nel mio immaginario, rappresenta l’uccellino che vorrebbe spiccare il volo, solo che non può, la sua gabbia non è ancora aperta e forse per tanto tempo resterà ancora chiusa.
Facendo questi pensieri mi assaliva un’altra domanda, ma quanto sarà aperta, troverà là fuori qualcuno che lo accoglierà? Oppure troverà solo dei muri ed un unico sentiero che lo condurrà a ricadere nella stessa condizione? Mentre pensavo a queste cose il ragazzo chiude la finestra, saluta l’amico che si era seduto con i ragazzi della Gi.Fra. e si siede vicino al banco di fianco al mio, dove prima era seduto il ragazzo che fremeva con la gamba e che nel frattempo si era spostato più indietro e sedendosi con gli altri due che erano nell’angolo.
Inizia la celebrazione e don Fabio ci fa una premessa dicendo: ai ragazzi ospiti di questa struttura viene dato la possibilità di partecipare alle attività di loro interesse, in questa giornata e proprio ora si svolge un incontro di palla a canestro tra gli ospiti maschili e femminili, molti ragazzi hanno preferito assistere a quest’ultimo, essendo un avvenimento seguito e non sempre possibile.
Inizia la messa. Le letture ed il Vangelo fanno riferimento alla condanna ed al perdono, è il passo dell’adultera non so se sia stato per pura casualità, ma casualità o no, mi ha fatto riflettere molto. Durante la celebrazione notavo che il ragazzo del banco affianco, quello della finestra restava seduto sempre, senza mai alzarsi, arrivati al passo della preghiera comune che ci ha insegnato Gesù, la sorella seduta all’altro fianco, vicino al ragazzo della finestra, gli ha subito teso la mano nonostante fosse seduto, quel bellissimo gesto l’ho compiuto anch’io, il ragazzo a questo punto si è alzato e ha pregato con noi, non si è più seduto ma ha seguito il prosieguo della celebrazione rispettando i tempi stabiliti. Un’altro momento toccante della celebrazione è come sempre lo scambio della pace, gesto che in questa circostanza assume in valore ancora più profondo, assume il valore accogliente di una riconciliazione, il fratellino che ha sbagliato e sperperato i suoi talenti, come il figliuol prodigo, ora ritorna in se e chiede perdono al padre che lo accoglie in un abbraccio benedicente. Arriva il momento forte della celebrazione ed i ragazzi spontaneamente si avvicinano a Gesù Eucaristia.
Conclusa la celebrazione, siamo ai saluti. I ragazzi si accalcano tutti vicino a Don Fabio e lo salutano con un abbraccio corrisposto, osservo quel gesto d’amore e qualcosa dentro di me dice che anch’io sono qua per abbracciare il fratellino, senza dovermi chiedere quale fosse il suo errore, non sono io che devo giudicare, ma può giudicare solo colui che si è fatto uomo e si è fatto inchiodare in croce per amore del prossimo e che ha perdonato il ladrone pentito portandolo con se in Paradiso. Come ci diceva Don Fabio nella sua omelia, in cui ci invitava ad abbattere i muri della reticenza e di guardare al fratello senza pregiudizio, senza voler scagliare quella pietra di accusatore: non lo ha fatto Gesù che poteva, essendo Lui senza peccato.
Mentre pensavo a questo, il ragazzo si avvicina per salutarmi con una stretta di mano, come aveva fatto con gli altri, io ancora colpito dall’abbraccio fraterno visto, e scosso dalla riflessione Evangelica, ho tirato il ragazzo a me e lo stretto in un abbraccio forte, questo gesto è diventato ancora più bello quando è stato condiviso da tutti noi, purtroppo la nostra giornata in compagnia di quei ragazzi volgeva al termine, in quanto la loro giornata finisce alle ore 19,00, con la cena e il rientro nelle loro camere.
Abbiamo ancora condiviso qualche momento con loro, con altre domande che sono state troppo poche per conoscere e farci conoscere, nonostante questo poco tempo mi sono rincuorato, quando quello stesso ragazzo, con cui ho condiviso quel tenero abbraccio, ha detto a tutti noi: “fino ad oggi non ho vissuto un incontro così, ci siamo veramente sentiti accolti con amore“. Queste parole ci hanno fa reso felici, incoraggiandoci a vivere altri incontri.
I ragazzi chiamati dal custode si sono allontanati per rientrare e Don Fabio ci ha trattenuto spiegandoci tutto sulla struttura: sul numero degli ospiti 55 ragazzi e 5 ragazze, come trascorrono la giornata, le varie attività svolte, il laboratorio di ceramica, il laboratorio di pasticceria e di arte presepiale, quali errori hanno compiuto, fino a che età sono ospiti della struttura (fino a 25 anni di età).
Il dato sconfortante è che al loro ritorno alla libertà, tutti gli sforzi fatti sono vani, se non incontrano persone coraggiose che aiutano questi giovani nel mondo del lavoro.
La cruda realtà è che questi uomini coraggiosi, non sono pochi ma pochissimi e la maggior parte dei ragazzi non ha altra strada che continuare a sbagliare, a fare errori, ritornando ospiti di questa casa o altri istituiti, per la raggiunta maggiore età.
Don Fabio ci ha spiegato che il laboratorio di pasticceria e gli altri laboratori si sostengono anche grazie alla vendita dei prodotti realizzati, quindi la maggior parte di noi ha voluto contribuire, acquistando una colomba prodotta dai “monelli ai fornelli”. La giornata ormai è al termine, alcuni di noi hanno espresso il desiderio di ripetere la visita, ma, purtroppo, non è possibile, allora nasce un idea, quella di un progetto di formazione, di catechismo, da sviluppare e progettare con Don Fabio. Mentre gli fratelli facevano queste richieste, il mio sguardo si fermava sulla scritta affissa sulla porta interna della cappellina, che recitava così: “Correggi i tuoi errori e cresci grazie ad essi”. Allora, ricordando la lettura del Vangelo, riflettevo sulle parole di Gesù dette all’adultera “donna dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata? Ed ella rispose: nessuno Signore“. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più“. Questi nostri fratellini hanno bisogno di un aiuto concreto, sono caduti nel pozzo, hanno toccato il fondo, ora per riemergere hanno bisogno di qualcuno che tenda la mano, ma molti di noi, pur ascoltando quella richiesta d’aiuto, si girano dall’altra parte rendendo vano ogni sforzo di educatori come Don Fabio.

 

Gennaro Spinelli
OFS Nocera Inferiore – Sant’Andrea

 

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