ResponsabilizziAMOci

Quando parliamo di concetti, come la responsabilità, non dobbiamo mai cadere nell’astrazione dei concetti, ma renderli attuali attraverso delle situazioni concrete.
Il brano evangelico che ho scelto mette in evidenza un atteggiamento concreto di una persona che si assume la responsabilità delle scelte che poi compirà.
Responsabilità è una parola, un concetto, che sentiamo molto spesso, che ci invita, in qualche modo, a prendere coscienza del nostro compito all’interno della famiglia, della società, della chiesa e della Fraternità francescana.
Il termine “Responsabilità” deriva dal latino ed è composto da due concetti: respondere che significa promessa, impegno e prestatio che significa garanzia, farsi garante verso qualcuno o verso qualcosa.
Dunque, se vogliamo sintetizzare, responsabile è colui che si fa garante dell’altro: la responsabilità obbliga una risposta.
Quando inizia ad entrare il concetto di responsabilità? Quando prendiamo coscienza del nostro essere in relazione. Pensare di essere autosufficienti, di non aver bisogno di nessuno o di vivere come un’isola, senza avere nulla che ci obbliga ad assumerci delle responsabilità, non rientra all’interno della nostra natura e realtà umana; noi esistiamo solo nella e per la relazione e nel momento in cui entro in un rapporto relazionale, sono obbligato ad assumermi delle responsabilità.
L’altro, proprio perchè esiste, mi rende sempre e in ogni caso responsabile. Io posso amare l’altro, lo posso aiutare, lo posso anche combattere e odiare, posso anche nutrire indifferenza verso quest’altra persona, ma questo non mi dispensa dalla responsabilità, perchè nel momento in cui io prendo una posizione nei confronti dell’altro, mi assumo la responsabilità, anche quella di ignorarlo.
Quindi la responsabilità non mi rende mai neutrale, devo prendere una posizione.
Il mio essere responsabile, quindi, non dipende da una mia decisione, ma è una mia condizione e nel momento in cui mi assumo delle responsabilità entra in gioco un altro concetto, quello della vicendevole disponibilità, cioè essere disponibili l’uno nei confronti dell’altro.
Dopo questa breve premessa, vorrei riflettere con voi attraverso una lettura evangelica che ci permette di capire in che modo noi, come cristiani, siamo chiamati a fare delle scelte responsabili.
Già con il Battesimo noi siamo chiamati ad assumerci delle responsabilità, perchè il confronto non lo facciamo con una parola umana, ma è la parola di Dio che ci interpella e ci chiede, inevitabilmente, di fare delle scelte responsabili.
Tra quelle presenti nel Vangelo ho preso una figura concreta del Vangelo di Luca (Lc 19,1-10), una figura che di sicuro tutti conoscete: Zaccheo.
Attraverso l’episodio del vangelo, la figura di Zaccheo è quella che meglio presenta quello che è l’atteggiamento di colui che una volta che fa un incontro importante nella sua vita, in questo caso Gesù Cristo, si assume e compie delle scelte responsabili.
I verbi che sintetizzano questo percorso di Zaccheo sono: cercare, desiderare, dare significato e accogliere.
Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Due sono le chiavi di lettura che ci aiuteranno a capire tutto il brano: la prima è che Gesù è venuto a cercare chi è perduto, questa è la missione che compie Gesù, la missione salvifica che il Padre ha affidato a Lui a favore dell’umanità: è venuto a cercare ciò che era perduto.
La seconda chiave di lettura è che il Vangelo di Luca è conosciuto come il “Vangelo della Misericordia”; in questo Vangelo è presente la parabola del Figliol prodigo, quella della pecorella smarrita, della dramma perduta ed altre.
E’ il Vangelo dell’universalità della missione, ciò significa che la salvezza che Gesù è venuto a portare, è venuto a portarla e a donarla a tutta l’umanità ed è venuto a recuperare coloro che erano perduti.
Se non si comprende questo aspetto, non si comprende neanche il senso di quello che è accaduto attraverso questo incontro meraviglioso tra Gesù e Zaccheo.
Le espressioni più cariche di significato, all’interno del Vangelo di Luca, sono: “cercava di vedere Gesù”, “oggi devo fermarmi a casa tua”, “in fretta lo accolse pieno di gioia”, “do’ la metà di ciò che possiedo ai poveri”.
Un primo aspetto: il desiderio di vedere.
Il centro del brano è questo desiderio di Zaccheo di vedere Gesù e lo sguardo di Gesù che vede Zaccheo.
Il percorso che compie Zaccheo è un po’ il percorso che facciamo anche noi, quando desideriamo di incontrare qualcuno che possa riempire la nostra esistenza.
Zaccheo è preso da una certa curiosità – come abbiamo sentito dal vangelo, è un uomo ricco che, però, nello stesso tempo, è stato isolato – cioè di conoscere questo falegname che attira così tanta folla.
Suo obiettivo è vedere Gesù; suo obiettivo è incontrare Gesù, però ci sono due ostacoli:

  1. La moltitudine di persone. Tantissima gente, ma, soprattutto, questa gente lo giudicava, lo considerava un disonesto, un imbroglione e lo disprezzava. Questo è un dato importante, perchè a volte non ci prendiamo delle responsabilità per paura del giudizio della gente.
  2. Era basso di statura.

Che cosa fa, si arrende? Mette, in qualche modo, da parte questa curiosità? No, sale su un albero.
Proviamo ad immaginare un personaggio pubblico, conosciuto, che sale su un albero come un ragazzino… non è che fa proprio una bella figura, anzi è una situazione anche un po’ imbarazzante, soprattutto quando la gente vede che quest’uomo così importante sale su un albero.
Ma lui va al di là del giudizio della gente, a lui quello che interessa è vedere Gesù, incontrare Gesù, quello che interessa è che solo incontrando Gesù la sua vita può cambiare, può assumersi le sue responsabilità.
E tu desideri di incontrare veramente colui che può cambiare la tua vita e che ti fa fare scelte responsabili? E come affronti le sfide, le difficoltà della vita? Soprattutto le tue scelte responsabili possono essere ostacolate dal giudizio della gente? Perchè, come detto prima, molte volte noi ci blocchiamo nel compiere con responsabilità i nostri doveri, per paura del giudizio della gente, per paura di cosa gli altri possano pensare di me e allora preferisco farmi i fatti miei.
Prima di rispondere a queste domande, però, è necessario avere chiaro in mente qual’è il desiderio che voglio realizzare in questa vita, qual’è l’orientamento che può dare significato alla mia vita.
In questo Zaccheo diventa per noi un maestro, perché prima di salire sull’albero in lui già c’era questo desiderio, perché, come ci dice l’evangelista, cercava di vedere Gesù.
C’è una bellissima frase del cardinal Martini che dice: “La differenza oggi non è tra chi crede e chi non crede, la differenza è tra chi cerca e chi ha smesso di cercare”.
C’è in me il desiderio di cercare Gesù Cristo? di cercare ciò che realmente può riempire la mia vita?
A volte, però, le nostre scelte sono condizionate, là dove ti porta il cuore. Le nostre scelte che ci rendono o meno responsabili, dipendono da cuore che noi in qualche modo vogliamo mettere in gioco, per cercare di capire ciò che è importante per noi.
Nella Bibbia sono descritti due tipi di cuore: Un cuore unificato e un cuore doppio.
Che significa avere un cuore unificato? Significa che nella mia vita ho un progetto e che cammino in vista di questo progetto. Il cuore unificato è quel cuore che è capace di superare le fatiche, le paure è quel cuore che va avanti con fiducia e quel cuore mi fa fare scelte responsabili.
E molte volte ci troviamo, soprattutto oggi, in situazioni in cui non facciamo scelte responsabili, perché ci manca il coraggio, perché non abbiamo un cuore unificato, ma abbiamo un cuore doppio che, al contrario, è un cuore agitato, è un cuore che non si fida mai di nessuno, è un cuore che smarrisce l’orientamento della propria vita, è un cuore che è incapace di fare delle scelte responsabili.
Oggi c’è una mentalità, purtroppo molto sottile e molto insidiosa, soprattutto nel mondo giovanile, cioè quella di dire: ma perché mi devo fare delle scelte o assumermi delle responsabilità nella mia vita? vivo alla giornata! Perché mi devo sposare? Chi me lo fa fare? Posso anche convivere! Perché devo fare una scelta di una certa radicalità come quella religiosa o sacerdotale? Vivo alla giornata! In altre parole, questa mentalità ci porta a fare delle scelte che ci dispensano da ogni responsabilità.
Altra serie di domande.
Con quale cuore fai le tue scelte? Con il cuore mosso dal desiderio di successo? di divertimento? o con un cuore unificato, educato al dialogo con Dio e che vive secondo i valori del Vangelo, come la solidarietà, la condivisione, l’amicizia, la gratuità, l’amore e la fedeltà?
Con quale cuore faccio le mie scelte?
Anche assumere degli incarichi importanti, come quello di ministro, può essere anche una scelta dettata da Dio, ma fatta non con un cuore unificato, ma con un cuore che mi fa desiderare di emergere sugli altri.
Vediamo i gesti concreti che Zaccheo compie e che indicano come quest’uomo, una volta che ha incontrato Cristo, ha fatto delle scelte responsabili.
Il primo gesto che fa Zaccheo qual’è? Una volta che è stato invitato da Gesù a scendere dall’albero, l’evangelista ci dice che scese in fretta. Per conoscere Cristo è importante avvicinarci a Lui, guardarlo in faccia a tu per tu.
In questo “scendi” c’è tutto un significato: dobbiamo “scendere” dai nostri piedistalli, dobbiamo “scendere” dai nostri punti di vista, dobbiamo “scendere” dai nostri pregiudizi, per incontrare Cristo.
Questo è il primo gesto: scese subito dall’albero, non rimase lì sopra.
Secondo gesto: l’accoglienza. Quando Gesù dice: “Vengo a casa tua”, Zaccheo scende e lo accoglie pieno di gioia.
Non si è rifiutato di accogliere Cristo e accogliere significa uscire da noi stessi, dalle nostre sicurezze, dal timore di dover cambiare, di non poter controllare tutto e accogliere colui che realmente può cambiare la nostra esistenza.
Poi compie il terzo gesto: in cui viene evidenziato ancora di più il senso della responsabilità. Era un ricco imbroglione, un disonesto, era un pubblicano e una volta incontrato Gesù ha capito che la sua vita non poteva essere più quella di prima.
Fa una sorta di dichiarazione dei redditi, incomincia a capire ciò che aveva rubato e si impegna a restituire quattro volte di più della somma rubata. Non solo, infatti dice che la metà dei suoi beni li vuole affidare a chi ne ha bisogno: scelte responsabili.
La vita di quest’uomo, nell’incontro con cristo, è completamente cambiata. E sentirsi responsabili della propria vita e di quella degli altri è la via che ci può far sentire più felici.
Don Lorenzo Milani, nella sua scuola a Barbiana, mise sopra la porta un cartello con una piccola frase: “mi sta a cuore”, per dire che, in un certo senso, mi sento responsabile della vita degli altri.
Essere responsabili significa sentire sulla mia pelle il senso di giustizia e di amore fraterno che l’altro, in qualche modo vive. Essere responsabile non significa fare i Ponzio Pilato, ma sentire sulla mia pelle le esigenze degli altri, perché per chi ha trovato Gesù è vietato essere felice da solo.
Dire che le cose vanno male e che non possono cambiare, che è colpa di questo o di quello, del sistema o della mentalità, può essere anche positivo all’inizio, ma dopo basta.
Bisogna veramente diventare responsabili e chiedersi sempre: “…e io cosa posso fare per migliorare le cose?”. Quali sacrifici sono disposto a fare per il bene non solo mio, ma anche degli altri, soprattutto di chi sta peggio di me?
Prima di ogni altro essere, dio stesso ci da la testimonianza del senso di responsabilità. Il nostro dio, infatti, non è il Dio che se ne sta nelle sacrestie o in una discussione teologica – accademica. Il Dio di Gesù Cristo non è un concetto astratto, non è una presenza suprema, all’origine del cosmo; il Dio di Gesù Cristo è il Dio che è qui, nel nostro mondo.
E il tempo di Dio non è l’oretta domenicale che gli dedichiamo, ma è ogni ora della nostra vita e della vita del mondo.
Dio, attraverso cristo si assume la responsabilità. Cristo, quando è venuto nel mondo, si è messo in gioco, incontrando coloro che vivono situazioni di disagio, coloro che portano le ferite e le sofferenze. Si mette in gioco, non è colui che si mette in cattedra ad impartire lezioni di teologia o a parlare solo del Padre suo che è nei cieli, ma è colui che concretamente compie delle azioni responsabili.
Gesù non vuole che questa responsabilità sia solo sua, anzi chiama noi ad aiutarlo assumendoci le responsabilità per portare agli altri la bella notizia del Vangelo.
Interessante è quello che dice Marco che c’è una chiamata immediata di Gesù ai primi discepoli, ma nello stesso tempo c’è una risposta immediata: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. (Mc 1,17-18).
Quindi, come cristiani, siamo chiamati subito a diventare pescatori di uomini, attirando nelle rete del vangelo noi stessi e chi ci sta intorno. Ricordiamoci, è il Vangelo di Dio che ci invita a diventare responsabili del mondo.
Il “subito” di Zaccheo che scende dall’albero e il subito degli apostoli che rispondono alla chiamata di Gesù sta ad indicare non tanto un fatto temporale, ma è un atteggiamento interiore di chi si predispone a rispondere ad una chiamata.
Non significa che adesso subito devo rispondere, ma è la necessità interiore di sentirsi spinto a rispondere ad una chiamata.
E qual’è il segreto che mi spinge a fare delle scelte responsabili? L’Amore! Quando c’è l’amore, c’è la disponibilità a rispondere ad un progetto; è quando non c’è amore che si rimanda nel tempo la risposta (poi ci penso…).
Facendo un parallelismo con l’altezza di Zaccheo, può capitare, in fraternità, di non sentirci all’altezza di portare avanti dei compiti che forse sono più grandi delle nostre capacità o delle nostre forze o anche nel confronto con gli altri, non sentirci allo stesso livello. Ognuno di noi ha ricevuto dei doni. A volte, l’atteggiamento di poca stima che abbiamo di noi stessi blocca il nostro percorso anche di fare delle scelte responsabili: io non sono capace, io non sono all’altezza, io non sono buono a fare questo… questo non ci permette di fare scelte responsabili e la Fraternità deve aiutare l’altro a recuperare il senso di autostima.
Infine c’è il pensare che per essere graditi a dio, bisogna fare tante cose, invece il fare, fare, fare a volte ci fa perdere il senso della nostra vocazione. Noi dobbiamo fare il passaggio dal fare all’essere (cfr. Marta e Maria), perché noi pensiamo che il fare, in qualche modo, ci rende importanti dinanzi agli occhi di Dio e degli uomini, invece Paolo ci dice che anche se avessi una fede capace di spostare le montagne, non servirebbe a nulla; la carità forma l’essere ad immagine e somiglianza di Cristo.

Piste di riflessione

  1. Tu, come affronti le sfide, le difficoltà della vita? Le tue eventuali scelte responsabili possono essere ostacolate dalla paura del giudizio degli altri?
  2. “Zaccheo cercava di vedere chi era Gesù”: Con quale cuore cerco e faccio le mie scelte di vita? Con il cuore mosso dal desiderio di successo, di divertimento, o con il cuore unificato, educato dal colloquio con Dio e che vive secondo i valori del vangelo: la solidarietà, la condivisione, l’amicizia, la gratuità, l’accoglienza, l’amore e la fedeltà?
  3. “Scendi subito”: sei disposto a scendere dai tuoi piedistalli, dai tuoi punti di vista… per incontrare Gesù?
  4. “Vengo a casa tua”. Sei disposto a “uscire” da te stesso, dalle tue sicurezze, dal timore di dover cambiare, di non poter controllare tutto…!
  5. “Lo accolse pieno di gioia”. Se veramente hai accolto Gesù nella tua vita, rispondi con onestà: fino a che punto sei disposto a fare altre scelte responsabili, a non sentirti indifferente agli altri, a sentirti responsabile della vita degli altri? Senti sulla tua pelle gli stessi desideri di giustizia e rispetto fraterno? Perché a chi ha trovato Gesù, è vietato essere felice da solo.
  6. In conclusione: cosa posso fare per migliorare le cose? Quali sacrifici sono disposto a fare per il bene non solo mio, ma anche di chi sta peggio di me e non ha la mia stessa forza?

 

Intervento di
fr. Cosimo Antonino
Ministro Provinciale OFM Conventuali
all’incontro per Delegati di Settore
Nocera Inferiore, 17 febbraio 2019

 

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